Pier Paolo Mendogni
Una via per Ettore
dalla Gazzetta di Parma di Sabato 6 ottobre 2001
Una mostra antologica programmata a fine ottobre, ma probabilmente destinata a slittare di alcune settimane e l'intitolazione di una strada, già annunciata dal sindaco Massimo Tedeschi. E' il tributo di Fidenza al pittore Ettore Ponzi, scomparso dieci anni fa, il 31 gennaio del 1992. A Ponzi si deve una grande produzione artistica, proseguita fino a pochi mesi prima della morte. I suoi quadri costituiscono anche le più importanti testimonianze iconografiche della Fidenza distrutta dai bombardamenti.
Quando qualche studioso scriverà la storia della pittura fidentina, o borghigiana, penso, che incontrerà diverse figure "anomale", nel senso che difficilmente possono essere inquadrati in schemi preordinati: personaggi che hanno espresso le loro indubbie qualità artistiche "cantando" fuori dal coro; solisti in un mondo fitto di intruppati.
E' stato così nel Settecento per Giovan Battista Tagliasacchi, teragno e graffiante in un mondo di fittizie svenevolezze. E' stato così per il "selvatico" e se sensibilissimo Oreste Emanuelli, che ha trasferito nel Fidentino le trepidanti atmosfere impressioniste assorbite a Parigi. E' stato così per Ettore Ponzi, che il carattere e la guerra hanno portato a dipingere più per se stesso che per gli altri: per un bisogno interiore che lo spingeva ad andare in bicicletta, in motorino con tavolozza e pennelli ad esplorare le soavi colline, gli angoli appartati dello Stirone per coglierne in ogni stagione momenti d'incanto, e "fotografare" scorci del Borgo (San Donnino) ancora sanguinante per le feroci unghiate dei bombardamenti, che avevano distrutto antiche case e con loro una parte ancora viva della storia, scrivendo pagine di nuova ferocia.
Ettore Ponzi occupa una posizione del tutto particolare nell'ambito di un pittura che non limiterei al parmense, ma allargherei a quella terra padana dove si incontrano Lombardia ed Emilia in quanto per gran parte del suo percorso artistico è rimasto fedele ad un modello che aveva come riferimento costante la natura col suo enorme potenziale espressivo, fatto di materia e di luce, di spessori e di trasparenze, di colori e di umori.
Nato a Fidenza nel 1908, ha mostrato subito, una forte predisposizione per il disegno. "All'età di cinque anni - ricordava - mi sentii preso dalla passione per l'arte; passione che non mi ha più lasciato, che anzi mi è stata fedele, e di grandissimo conforto in momenti molto difficili, sia in pace che in guerra". La sua vita non è stata facile. Terminate le elementari, negli anni duri che seguirono la prima guerra mondiale ha lavorato per aiutare la famiglia, eserci- tandosi però sempre nel disegno ed iniziando a dipingere, finché una borsa di studio del Comune gli ha permesso nel l930 di frequentare l'Istituto d'arte Toschi, a Parma, dove ha trovato grandi insegnanti tra cui Guido Marussig, il pittore Paolo Baratta e l'acquerellista Aldo Raimondi.
Agli anni Trenta risalgono i primi quadri nei quali l'impianto del disegno - sotto la spinta di quella tendenza che si ispirava ai Valori Plastici - si solidifica in volumi che la luce sottile e unificante attenua. Sono in prevalenza nevicate e il bianco dei tetti sfuma nel pallore del cielo, ma già in questi lavori Ponzi mostra una particolare attenzione per gli intonaci per cui ogni parete, oltre ad essere un elemento strutturale, diventa un macrocosmo pittorico che l'artista esplora nella sua variegata superficie, segnata dal tempo, dagli eventi, dagli agenti atmosferici, dalla violenza dell'uomo: piccole tessere di cromatica, silente poeticità che spiccano nella più vasta complessità dell'opera. La guerra lo conduce come ufficiale sul fronte, albanese e macedone.
Nonostante le difficoltà morali, materiali e logistiche non rinuncia a dipingere. Nei periodi di tregua trasforma i coperchi di legno delle cassette per le munizioni in tavolozze. Chiese ortodosse, moschee, povere abitazioni, cenobi,paesaggi montani sono i soggetti di questi quadri di ridotte dimensioni, che in parte riesce a fare giungere a Fidenza e nei quali le luci si fanno più calde e le tessere cromatiche si accendono di su toni più brillanti e fantasiosi che segneranno la sua produzione successiva.
L'8 settembre '43 costituisce una data tragica per Ettore Ponzi e per tanti altri che come lui erano impegnati combattere su fronti lontani dalla Patria. L'esercito si sfalda, le persone restano sole in territori infidi, infestati da gruppi di irregolari dediti alla rapina e capaci di ammazzare per un paio di scarpe. Giornate terribili, angoscianti: malatato, senza cibo, col fiato della morte sul collo lotta per sopravvivere, finché finisce prigioniero dei tedeschi che lo internano in Germania nel campo di concentramento di Wieztendorf nel quale incontra Giovannino Guareschi e il,pittore Arnaldo Spagnoli, che ritrae entrambi ad acquerello con vivace efficacia su piccoli fogli di carta. E sempre ad acquerello dipinge alcuni particolari del campo di concentramento, baracche, minacciose ciminiere, reticolati, carri armati rovesciati e abbandonati, tragici relitti della follia bellica: vedute agghiaccianti che però l'artista ripropone
con apparente pacatezza poiché i suoi sentimenti li lascia trasparire con molta riservatezza.
Non ama i proclami clamorosi, violenti, preferisce le denunce civili, pacate, che fanno riflettere più profondamente.
Al ritorno a casa, nella sua Fidenza (dove resterà fino alla morte avvenuta all'inizio del 1992) trova una città martoriata dalle bombe, sfigurata nel suo tessuto urbanistico e storico. I suoi sentimenti li esprime, sempre in modo sommesso, in un lavoro monocromo caratterizzato da una folta fiumana. di persone che,cariche di speranza, rientrano attraverso la porta medievale, oltre la quale vicino al Duomo e agli altri luoghi familiari sono accatastati angoscianti cumuli di macerie.
Le ferite della città costituiscono uno dei filoni principali della sua produzione dell'immediato dopoguerra, che in seguito si articola, un po' schematicamente, in quattro indirizzi: gli scorci di Fidenza, i paesaggi en plein air, i fiori, i ritratti.
Quest'ultimo filone è il meno noto, anche perché ha riservato i ritratti prevalentemente ai famigliari, ma meriterebbe di essere più conosciuto per la profondità interiore che riesce a far emergere e per la incisiva freschezza del segno.
La documentazione su Fidenza è il risultato di un atto d'amore che oggi assume connotati storici di rilevante interesse: la Porta San Donnino con le mura medievali e la via Emilia che ancora arrivava lì e faceva scoprire agli occhi ammirati dei viaggiatori la suggestiva bellezza del Duomo romanico; il Vecchio Seminario rosseggiante di fianco alla Cattedrale; il Vescovado con la trama, incalzante dei portici. E poi la Rocca, possente baluardo medievale, ricca di storia, sciaguratamente demolita in nome di un'incolta modernizzazione: Ponzi l'ha dipinta nel '45 in tutta la sua suggestione scenografica, densa di luminosi colori che dialogano tra loro in modo serrato, nel lucore abbacinante dell'estate; l'anno seguente ne ha testimoniato la tristissima fine, ridotta ad un cumulo informe di macerie, raggelate sotto uno strato di neve.
Negli anni successivi le vedute perdono quest'aspetto drammatico, seppure mai enfatizzato. Così all'inizio degli anni cinquanta il Mercato del sabato sulla piazza del Comune ci viene proposto nella festosa cromia dei tendoni che ricoprono i banchi, mentre il Duomo è visto sullo sfondo di un cielo autunnale che la nebbia sta avvolgendo nel suo soffice manto.
Innamorato della natura, la cerca nelle sue manifestazioni paesaggistiche più affascinanti, pronto a captarne, i colori, le luci, gli umori in un'atmosfera viva ed evocatrice in cui la calma e l'ordine si sposano ad una serena freschezza emozionale. Ecco lo Stirone col suo lento fluire in uno scenario gioiosamente frantumato nelle molteplici sfumature del verde cui si contrappongono i rossi, gli azzurri, i violetti in un rapporto dinamico e brillante. Ecco il Prato di papaveri che accende le tranquille e sinuose modulazioni della collina in fiore.
Ecco uno scorcio prativo tra alberi che svettano snelli verso un cielo cilestrino in un ambiente terso e leggero, strettamente imparentato col Chiarismo. E si potrebbe continuare nelle citazioni, ma il dato. comune è costituito dalla estrema sensibilità per la materia ora raggrumata con percepibile solidità, ora stesa con la leggerezza di un velo per rendere palpabili sensazioni, atmosfere e sentimenti.
Nell'ultimo decennio assistiamo a sperimentazioni che dimostrano la permanenza di una rilevante vitalità interiore nonostante l'incedere degli anni.
Nascono così composizioni eseguite con frammenti di vetro mentre altre tele sono caratterizzate dalla presenza di un dinamismo con accenti futuristi ed altre ancora accolgono grumose tensioni informali. I movimenti artistici innovativi, per lungo tempo osservati con distanza, entrano con impetuosità nella storia personale di Ettore Ponzi che ha sempre lavorato in silenziosa solitudine e con molta riservatezza, ricercando all'esterno, negli scorci fidentini, nei paesaggi, un soggetto nel quale esprimere in forma poetica le istanze, le emozioni che urgevano nell'anima.
Pier Paolo Mendogni